Sei in: Mondi medievali ® Medioevo e Medicina ® Per una storia della medicina antica e medievale ® La medicina nell'alto Medioevo ® 5. Le epidemie


     MEDIOEVO E MEDICINA    

a cura di Raimondo G. Russo


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    Premessa  -  1. Alcuni cenni storici  -  2. La medicina barbarica  -  3. La CHIESA E LA MAgia  -  4. La medicina e la chirurgia  -  5. EPIDEMIE  -  6. APPROFONDIMENTI E CURIOSITà


Le varietà cliniche della peste nera

1) La peste bubbonica

La peste bubbonica è la più comune ed universalmente conosciuta; il sintomo  classico di tale forma è il bubbone.  Dopo un periodo d’incubazione variabile tra 2 e 12 giorni la malattia insorge bruscamente  con febbre alta, preceduta da brividi, cefalea, stato di grave prostrazione, nausea,  vomito, delirio. Nella zona della puntura della pulce si forma una vescicolo-papula che in  seguito si trasforma in pustola.  I linfonodi della zona colpita (in genere inguinale o ascellare) si infiammano e si rigonfiano sino a determinare la formazione del bubbone il quale può essere singolo o multiplo.  Nei casi favorevoli la febbre cessa dopo circa 2 settimane, il bubbone si svuota all'esterno e nella zona si forma una cicatrice.  I pazienti sono letargici e presentano agitazione, fino al delirio; le convulsioni  sono comuni nei bambini. La morte può avvenire entro 2-4 giorni dall’esordio dei sintomi.

2) La peste polmonare
La forma polmonare è la più letale, il tasso di mortalità è infatti del 97-100% e si contrae inalando direttamente i bacilli espulsi nell’aria dai colpi di tosse del malato: in questo caso l’infezione interessa gli organi interni ma si concentra maggiormente nei polmoni. I primi segni di malattia sono febbre, cefalea, debolezza e tosse produttiva con escreato sieroso o ematico. La polmonite progredisce per 2-4 giorni e può portare a shock infettivo. Il contagiato emette piccoli colpi di tosse ed accusa dolori acuti al fianco. La trasmissione da persona a persona si verifica attraverso goccioline di saliva. Un aspetto terribile è che il paziente rimane vigile e cosciente fino all’ultimo respiro.

Ad accompagnare le già disastrose tumefazioni cutanee rigonfie di pus spesso insorgono pustole piene di liquami sanguinolenti che prendono il nome di “carboni” o “carbonchi”; col passare del tempo la pustola si spacca dando luogo ad un’ulcera circondata da piccole vesciche ed un grosso alone rossastro intorno al carbone che si estende piano piano, inesorabile.

Altra complicazione sono le cosiddette “petecchie” che, manifestandosi sempre con emorragie cutanee che dal rosso tendevano al nero di dimensioni assai variabili, determinavano le necrosi dei tessuti epidermici localizzandosi spesso sulle orecchie, naso, dita delle mani e piedi, avambracci ecc. Questa sintomatologia ha condotto i medici del passato a classificarla come una forma di peste chiamandola “morte nera” o “peste nera”. La peste polmonare è considerata una possibile arma biologica perché il germe può essere disseminato per via aerea.

L’arrivo della Peste Nera in Europa: 1347

3) La peste setticemica
La peste setticemica non presenta bubboni o sintomi polmonari caratteristici però ha uno sviluppo immediato che viene caratterizzato da ipertermia, epatospenomegalia, diarrea, sindrome emorragica grave, demenza, torpore mentale: il decesso soggiunge dalle 24 ore dai primi sintomi alle 48 ore per uremia e collasso cardiaco. La peste setticemica può essere provocata, oltre che dalla peste polmonare, anche dal contatto diretto di mani, cibo o oggetti contaminati con le mucose del naso e della gola. La peste setticemica è quasi sempre mortale. Comunque se la peste è individuata tempestivamente e adeguatamente la mortalità scende al 5-10 %. La morte può avvenire nel giro di poche ore, prima ancora che appaiano i sintomi.

Solo lentamente, e innanzitutto nelle città, si cominciarono a mettere in atto delle misure per limitare l'epidemia. Una volta intuiti i suoi meccanismi di diffusione, infatti, si cominciò a tenere pulite le strade, a dare la caccia agli animali erranti, a vietare gli assembramenti, a chiudere le porte agli stranieri (e soprattutto ai mendicanti), a reclutare medici pagati dalle municipalità.

La Morte e il Gentiluomo, Heidelberg, 1490

   

PROVVEDIMENTI DELLE AUTORITA' CITTADINE

Di fronte all'imperversare della peste i consigli comunali cercarono di stabilire delle regole per evitare la diffusione del contagio, un esempio per tutti i comuni, era quello di Pistoia: venne stabilito che nessun cittadino o abitante del contado o del distretto della città, di qualunque condizione, stato o autorità, potesse recarsi nelle città di Pisa e di Lucca; per chi infrangeva questa regola c'era una multa di cinquecento lire; chi accoglieva persone provenienti dai detti luoghi doveva pagare dieci lire; gli abitanti di Pistoia potevano recarsi a Pisa e a Lucca e far ritorno solo con esplicita autorizzazione del consiglio del popolo cittadino, scritta dal notaio degli Anziani, e del Gonfaloniere di Giustizia. 
Stabilirono ancora che nessun cittadino del contado potesse portare o far entrare in città panni usati di lino e di lana, a qualunque uso siano destinati, altrimenti avrebbe pagato duecento lire e gli si sarebbero bruciati i detti panni. Coloro che si allontanavano potevano condurre con sé vesti per uso personale di un peso massimo di trenta libbre. 

Stabilirono che i morti dovevano esser portati fuori in casse di legno inchiodate, affinché nessun fetore potesse uscire; i rettori delle parrocchie erano tenuti a fare denuncia alle autorità cittadine di ogni morto prima della sepoltura. La profondità della fossa per la sepoltura dichiarata regolare era di due braccia e mezzo. Nessuno dei parenti poteva accompagnare i defunti oltre la porta della chiesa, né potevano far ritorno alla casa dove abitava il morto. Onde evitare spese inutili nessuno doveva, in caso di lutto, vestirsi con indumenti nuovi, ad eccezione delle mogli dei defunti.

   

Per quanto riguarda le altre città nel marzo del 1348 a Venezia vengono nominati tre funzionari incaricati di operare pro conservatione sanitatis. Anche a Firenze in aprile sono nominati degli ufficiali che avevano il compito di sorvegliare i mercati, di accertare la provenienza di merci e mercanti, di impedire la rivendita di indumenti e suppellettili appartenenti a individui morti di peste. Nello stesso anno ad Orvieto, in agosto, si colpisce lo sciacallaggio nelle case abbandonate, e tra i controllori della peste c'è anche un medico reclutato a specifico incarico di sorveglianza sanitaria civile. A Milano si barricano porte e finestre di tre case infette lasciandovi reclusi gli appestati e i loro parenti. Restando sempre a Milano, Bernabò Visconti emana un decreto da far rispettare nella propria città, nei borghi, nei castelli e nei territori, lo scopo era quello di contenere il contagio. Compariva anche un elenco dei malati perché ciascun medico notificasse i nomi dei malati, che ha in cura. Nel 1374 Venezia e Genova chiudevano il loro porto alle navi provenienti da località infette. Tre anni dopo Ragusa decreta che le navi provenienti da queste località entrino in porto dopo un mese di isolamento.

Questo periodo viene chiamato quarantena. La dottrina di Ippocrate stabilisce che il quarantesimo è l'ultimo giorno nel quale può manifestarsi una malattia acuta come appunto la peste; una malattia che insorge dopo questo termine dunque non può essere peste. 

Nel 1400 nascerà a Venezia un'altra fondamentale istituzione il lazzaretto: la quarantena si svolge in un'isola della laguna, dov'è il monastero agostiniano di santa Maria di Nazareth, nella quale vi affluisce personale assistenziale proveniente dall'ospedale lagunare per lebbrosi dedicato a san Lazzaro.

  

Consigli dietetici per combattere la peste nera

  

A Parigi, durante la fase più acuta della peste nera, sarebbero morte dalle ottocento alle mille persone al giorno. I medici non sapevano più a che santo votarsi. Attorno a loro la  gente continuava a morire come mosche. La scienza medica impotente congetturava ipotesi che sapevano più di magia che di medicina. «Crediamo che gli astri con  l’aiuto della natura - scrivevano i luminari del tempo - grazie alla loro forza celeste, si adoperino per conservare il genere umano e liberarlo dalla sua sofferenza. Con l’aiuto del sole e grazie alla forza del suo fuoco, spezzeranno queste spesse nubi nell’arco di dieci giorni, entro il 17 luglio». 

Interessanti, anche se di nessuna utilità ed efficacia per influire sul comportamento delle pulci [della peste], appaiono i consigli dietetici aggiunti.

«Non debbono essere mangiati pollame, uccelli acquatici e maialini di latte, non carne stagionata di manzo e carne grassa, ma solo carne di animali di natura calda e asciutta e sono altresì da evitare carni che riscaldano e infiammano. Si consigliano brodi con pepe pestato, cannella e altre spezie, soprattutto per coloro che normalmente mangiano poco e in modo ricercato. è inoltre malsano dormire durante il giorno. Il sonno può durare fino all’alba. A colazione si deve bere poco e il pranzo andrà consumato intorno alle ore undici. A pranzo potrà essere assunta una maggiore quantità di liquidi rispetto alla colazione, in particolare vino chiaro e leggero cui andrà aggiunto un sesto d’acqua. Innocui sono da considerare i frutti freschi e secchi se assunti assieme al vino…».

Un professore di Montpellier consigliò ai suoi colleghi di far chiudere gli occhi ai pazienti o di coprirli con un piccolo telo, in modo da evitare il contagio attraverso lo sguardo.

  

  

  

©2005 Raimondo G. Russo

      


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