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a cura di Vito Bianchi



Giosuè Musca (a cura di), Le eredità normanno-sveve nell’età angioina. Persistenze e mutamenti nel Mezzogiorno (Atti delle quindicesime giornate normanno-sveve - Bari, 22-25 ottobre 2002), edizioni Dedalo, Bari 2004, pp. 418, € 35,00.

     

Da poche settimane il Centro di Studi Normanno-Svevi dell’Università di Bari ha dato alle stampe gli Atti del convegno tenutosi nell’ottobre del 2002 sul tema della transizione dalla dinastia sveva a quella angioina nella storia del Mezzogiorno italiano. Attraverso gli interventi di sedici studiosi, il volume si sofferma sul trasferimento della capitale da Palermo a Napoli, sul governo e l’amministrazione centrale del regno, sulle autonomie e i poteri locali, sulla politica mediterranea di Carlo I d’Angiò, sulla vecchia e nuova aristocrazia feudale, sulle investiture cavalleresche, sul rapporto fra la terra e gli uomini, sulla normativa del sistema masseriale, sull’amministrazione dei castelli, sulle costruzioni promosse da Federico II e Carlo I, l’architettura sacra, le arti figurative, i manoscritti angioini e svevi e i registri della cancelleria angioina. Nell’esaminare il passaggio dalla dinastia sveva a quella angioina, si focalizzano le eredità, le persistenze e i mutamenti intervenuti con il cambio dei padroni del Meridione, nell’accelerazione dell’asse politico della monarchia dalla Sicilia alle province continentali.

Il quadro delineato risulta articolato su punti che, una volta di più, valgono a testimoniare come il Mezzogiorno rivestisse nel Medioevo una funzione estremamente vivace nelle dinamiche storiche del contesto europeo: e questo, pur nella specificità di una terra proiettata verso il Mediterraneo e, dunque, intrisa di un innato senso di frontiera, soprattutto nei riguardi del mondo bizantino e musulmano. Il libro curato da Giosuè Musca costituisce insomma l’ulteriore tassello di un mosaico in fieri, capace di palesare l’identità euro-mediterranea del Sud.

Fra le tematiche di maggior pregnanza bisogna annoverare l’idea di una sorta di “capitalismo”, applicata al sistema delle masserie regie fondate da Federico II. Interessante è stato inoltre notare come, nell’amministrazione statale, Carlo d’Angiò facesse spazio ai vecchi collaboratori di Federico e di Manfredi, sulla falsariga di quanto realizzato dai Normanni in Sicilia, nei riguardi dei quadri amministrativi musulmani e greci. è un pezzo di storia che, evidentemente, in ambito americano si ignora abbondantemente, visti i sistemi di rivolgimento totale della burocrazia con cui si è affrontata la questione irachena del dopo-Saddam. Con le conseguenze del caso: il caos più completo, nato dall’ignoranza di culture, civiltà e storie “altre” dall’americanità. Perché la storia non sarà magistra vitae. Ma a volte aiuta.

     

    

©2004 Vito Bianchi

Volumi per recensioni a: Vito Bianchi, via del Calvario 1, 72015-Fasano (BR).

   


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