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GLOSSARIO RAGIONATO DELLE OPERE DI FORTIFICAZIONE

a cura di Ester Lorusso, con la collaborazione di Alfredo Magnatta

Fig. 1. Particolare della Rocca di Gradara (Pesaro-Urbino).


Significato

Opera difensiva consistente nell’integrazione o nel semplice accostamento di un muro inclinato alla base della cinta muraria di una città o di una fortificazione, allo scopo sia di rafforzarne le fondazioni ed aumentarne la stabilità strutturale sia, nello stesso tempo, di tenere a maggior distanza possibile dal perimetro murario torri d’assedio e scale nemiche.


Origini ed evoluzione storica

Le prime scarpe alla base di pareti esterne cominciano a comparire nel Trecento, per evitare che i proiettili colpiscano frontalmente il muro, ma quasi contemporaneamente si comincia ad aumentare anche la pendenza dell’elemento inclinato, al fine di ottenere la cosiddetta “incamiciatura di rinforzo”, cioè un irrobustimento della struttura muraria introdotto tanto per contrastare la spinta della parte interna del terrapieno quanto per arrestare l’eventuale avanzata delle mine sotterranee e l’uso dell’ariete.

Questo accorgimento trova ampia applicazione nei secoli successivi laddove ancora non presente e viene spesso accompagnato ad un ispessimento delle mura esterne delle costruzioni.

Nel Settecento, infine, si assiste alla diffusione di opere avanzate rispetto al fronte principale della fortificazione dotate di scarpatura “a mezzo rivestimento”, vale a dire di murature rialzate solo fino alla cornice interposta fra l’elemento inclinato e la parete verticale, in quanto l’esperienza ha dimostrato che le mura irrobustite fino alla sommità cadono facilmente sotto i colpi avversari e fanno strada alle brecce.


Caratteristiche costruttive

Nonostante l’alto costo di realizzazione, il muro di controscarpa, oltre agli intrinseci vantaggi statici e strategici a corto raggio, consente spesso di raggiungere altri due obiettivi importanti per gli assediati: rendere difficile la discesa del nemico (grazie anche alla previdente infissione di opportuni arpioni metallici nella muratura) e permettere, una volta prolungata l’altezza della scarpa al di sopra del “redondone”, di elevare lo spalto con il suo rinterro esterno, in modo da assicurare ulteriore protezione e defilamento ai muri della piazza antistante la fortezza.

Nel XIV secolo, per impedire che la scarpatura faciliti la scalata delle mura da parte dell’attaccante, si adotta il sistema di limitarla a due terzi dell’altezza della cortina e di inserire, sul bordo superiore così individuato, un cordone lapideo di forma torica lievemente sporgente dal filo della parete soprastante (il “redondone”), accorgimento che nel Cinquecento, con l’introduzione dei primi bastioni, verrà regolarmente adottato.

Come si rileva da alcuni trattati di architettura militare cinquecenteschi, il muro di scarpa è preferibile che sia alto circa 10,40 metri e quello di controscarpa circa la metà, in quanto la difesa contro l’avversario schierato frontalmente ad essi è assicurata dal “ramparo” (cioè dal piano superiore del terrapieno in cui si schierano le artiglierie) e dalla cosiddetta strada coperta, una striscia di terra battuta, larga circa tre passi, creata intorno alla controscarpa con il triplice scopo di permettere alle truppe, coperte dal rilievo dello spalto, di sorvegliare il piano di campagna esterno; di provvedere ad una difesa radente e vicina, e di agevolare, infine, gli spostamenti laterali delle truppe ed il loro riordino dopo le sortite.


Esempi

I più antichi “terrapieni”, con la conseguente scarpatura del muro che li sostiene, si osservano lungo la cinta urbana trecentesca di Monza e lungo quelle quattrocentesche di Bologna, Firenze (figg. 2-4), Pesaro, oltre che in diverse strutture fortificate europee, ad esempio nei resti della motta normanna del castello gallese di Caernarfon (fig. 10).

La semplice aggiunta di corpi bassi a formare la scarpatura è testimoniata ad Arpino (figg. 7-9), provincia di Frosinone, mentre molto particolari sono le scarpature della Rocca Arcadia del castello di Gradara (e fig. 1), della torre circolare del castello di Brescia, del castello di Montale (nelle Marche, provincia di Ancona) e di Castelnuovo a Napoli, nel quale la soluzione al problema dell’avanzata delle mine sotterranee si unisce ad una raffinata decorazione di elegante carattere aragonese.

è, tuttavia, nelle grandi architetture difensive del Quattrocento e Cinquecento che la scarpatura delle mura trova ampio utilizzo e sviluppo, soprattutto nelle fortezze progettate interamente o fortificate da grandi architetti militari del calibro di Giuliano da Sangallo, Francesco di Giorgio Martini e Michelangelo Buonarroti in varie località italiane, su incarico di principi o di importanti famiglie nobiliari.

In questo contesto si inserisce la rocca di Sora (figg. 5-6), nel Lazio, le cui strutture esterne vengono rafforzate nel ‘400 mediante una scarpa molto accentuata.


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Figg. 2-4. Le mura di Firenze.

 

Figg. 5-6. La rocca di Sora (Frosinone).

   

Figg. 7-9. Arpino (Frosinone): visione d'insieme e torre medievale.

Fig. 10. La scarpatura dell'antica motta normanna nel castello gallese di Caernarfon.


Indicazioni bibliografiche

Cassi Ramelli A., Dalle caverne ai rifugi blindati. Trenta secoli di architettura militare, Bari 1996.

Luisi R., Scudi di pietra, I castelli e l’arte della guerra tra Medioevo e Rinascimento, Bari 1996.

Santoro L., Castelli angioini e aragonesi nel Regno di Napoli, Milano 1982.

Schmiedt G., Città e fortificazioni nei rilievi aerofotografici, in Storia d’Italia, a cura di R.Romano e C. Vivanti, Torino 1982, vol. V, Documenti.  

     

    

©2002 Ester Lorusso 

    


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