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FINESTRA SUL PASSATO:

Terra di Bari. Bitonto e il suo territorio

     a cura di Pasquale Fallacara


 

In alto, lo scoglio Vargalone sembra quasi una foca giocherellona all’imbocco del Porto Santo Spirito. In basso, nell'ordine, un’anfora pescata dalla nave romana naufragata al largo di Santo Spirito, e un’immagine invernale del Vargalone ripreso sullo sfondo del molo di Santo Spirito.

 

       

   

Chi, anche distratto, passeggiasse lungo il bel lungomare Cristoforo Colombo in Santo Spirito, località balneare in comune di Bitonto, scorgerebbe nettamente in mezzo alla cala marina, ma solo durante il periodo di bassa marea, un grande scoglio piatto affiorare dal pelo d’acqua, a poca distanza dalla riva.
Da tempo immemore quel piccolo atollo è denominato il “Vargalone”.

Secondo lo storico bitontino E. Rogadeo, il termine vargalone deriva dal greco brachialion, che vuol dire “anello” e, per estensione, “bracalone”. Esso sta ad indicare uno scoglio con anelli adoperato per l’ancoraggio delle imbarcazioni. Resta facile perciò ipotizzare che questo masso marino, situato nelle vicinanze del Castello d’Argiro e dell’antica via “Catino” proveniente da Bitonto, venisse già utilizzato a partire dal I secolo a.C. per l’attracco delle barche.

L’ipotesi è sostenuta dall’avvenuto rinvenimento lungo la costa, a circa 200 metri da Torre S. Spirito appunto, di una nave romana da trasporto, carica di anfore di olio e vino, affondata a seguito di un naufragio e databile tra il primo e il secondo secolo a.C.

Nel volumetto Per l’antichissima Bitonto, del 1929, il Brandi scrive: «vicino alla riva, nelle immediate adiacenze del “Vargalone”, vi era una colonna abbandonata e mezza sepolta sulla spiaggia e propriamente sull’antico scalo, vi sono pure resti del porto immersi nell’acqua che in essa si ergono sì da formare uno scoglio avente tracce degli anelli che servivano a trattenere le navi». Ora, da una ricognizione subacquea effettuata nel 1974 intorno alla zona descritta dal Brandi, fu appurato che la profondità dell’acqua era tale da permettere agilmente l’attracco di navigli di discreto cabotaggio. Inoltre il grande scoglio, che altro non è se non una piattaforma del tutto naturale, presentava in vari punti degli incavi circolari di diverse grandezze, che è giusto ritenere fossero dei probabili punti d’attracco.

Per quanto riguarda la colonna di cui parla il Brandi, essa con tutta probabilità è da assimilare a quella presente già nel porticciolo di Giovinazzo. Ora, non sappiamo con esattezza che fine abbia fatto questa colonna bitontina, ma c’è da ritenere in tutta probabilità che essa sia stata interrata nel corso dei lavori di sistemazione del moderno lungomare.

Lo scoglio Vargalone ancora adesso, durante il periodo estivo, compare solitario fra il luccichio delle acque marine nel grazioso porticciolo di Santo Spirito, ma un tempo rappresentava la tappa obbligata e ardita dei giovani bagnanti dell’epoca, i quali dalla riva lo raggiungevano a nuoto per proseguire, dopo vari tuffi, verso il molo di levante.

           

   

  

©2009 Pasquale Fallacara

    


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