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a cura di Gianfranco Piemontese

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In alto: veduta aerea dell'isolotto. In basso: due immagini della fortezza. 

 

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Localizzazione di Bourdzi  Localizzazione di Bourdzi  Turchia europea e Grecia  La Grecia  La Grecia nel 362 a.C.

 

Veduta dall'alto  Veduta nord-est  La fortezza  Torrione d'avamposto  Veduta laterale  Torrione d'avamposto

 

  Il mastio centrale  Particolare del mastio  Particolare del mastio  Particolare del mastio  Terrazzo del mastio  Torrione quadrato

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Cenni storici

Di fronte alla città di Nauplia, l’antica Napoli di Romania o Napoli di Morea, nel suo ampio golfo si trova l’isolotto di Bourdzi, un piccolo scoglio su cui i Veneziani nel XV secolo edificarono una fortezza marina ad ulteriore protezione della città.

Nauplio è una città che nel corso dei secoli ha visto crescere intorno a sé, e sopra di sé, una ampia cortina di mura e fortezze, sia alla quota del mare, dove si era espansa durante il dominio veneziano, che sulle due colline circostanti.

A partire dal Medioevo sull’Acronauplia, ovvero il primo sito abitato di Nauplia, posto su un piccolo promontorio che s’immerge nel mare, i Bizantini edificarono la prima fortezza sulle antica mura di età ellenistica. Seguirono i Francesi, giunti dopo le prime crociate, che edificarono una seconda distinta fortezza a cui si aggiunse la terza ad opera dei Veneziani.

La posizione strategica dell’isolotto, posto di fronte al porto di Nauplia, non era sfuggita agli architetti ed ingegneri militari veneti, i quali dalla piccola fortezza alla terraferma riuscivano a dispiegare una catena di ferro che di fatto impediva il passaggio alle navi ostili in caso di guerra e relativi sbarchi di assedianti al porto della città.

Lo scoglio (il cui toponimo Bourdzi in turco significa appunto fortezza nel mare) nei portolani e nella cartografia antica veneziana viene riportato prima come scoglio di San Teodoro, poi come Castel de Mar e poi semplicemente come Castello.

I Veneziani saranno autori e promotori di numerosi interventi edificatori a Nauplia. Infatti durante il primo periodo di dominazione veneziana, che va dal 1389 al 1540, quella che era una cittadina arroccata sull’antica acropoli si espanderà alla base della stessa collina, definendo un impianto urbanistico italiano e tipicamente veneziano.

Autore del primitivo progetto del castello di Bourdzi fu l’architetto bergamasco Antonio Cambello, che nel 1470 iniziò e seguì la realizzazione delle prime fabbriche, ovvero di una grande torre. Al Cambello fece seguito l’intervento di un altro ingegnere militare veneziano, tale Brancaleone, di cui non si conosce esattamente il nome. Sono ascrivibili al Brancaleone le successive torri ed il bastione.

Una fortezza dove sono presenti alcuni elementi architettonici riconducibili all’architettura militare italiana del periodo rinascimentale. Il pensiero corre subito a Francesco di Giorgio Martini e alle forme delle sue numerose opere realizzate o previste nei suoi trattati.

La fortezza di Bourdzi negli anni Trenta fu trasformata in una struttura ricettiva turistica; a questo tipo di funzione è seguita quella di centro per mostre ed eventi culturali.

Oggi la fortezza viene visitata da migliaia di turisti, che apprezzano l’architettura e la posizione di punta di vista privilegiato dal mare, per apprezzare la visione panoramica di Nauplia e delle sovrastanti fortificazioni.

Sulla città di Nauplia pubblichiamo di seguito una descrizione seicentesca che fa parte del più vasto testo riferito alla presenza veneziana in Grecia, Memorie Istoriografiche del Regno della Morea Riacquistato dall’armi della Serenissima Repubblica di Venezia, Venezia 1692.

    

«Napoli di Romania

Delle nobil Città, ch'accrescevano un tempo splendore all'antica Argia, hoggidì Saccania, ò Romania Minore, dovitiosa parte della Morea, conserva sin'al presente le vecchie primitie NAPOLI, da Sosiano detta NAPLI, dalli Greci ANAPLIA, e NAUPLIA da Tolomeo. Questa forte Città, e celebre Emporio sortì da Naupliò figlio di Nettuno, e Amimone il proprio stabilimento nell'ultimo ricesso d'un Golfo volgarmente di NAPOLI, da Tolomeo ARGOLICUS SINUS chiamato sù la sommità d'un picciol promontorio, che diffondendosi in due lati, col'uno che s'estende al mare, forma a Naviganti largo, e sicuro Porto; coll'altro, che guarda la Terra, vieta a passaggieri una tal commodità al commercio, non potendo questi condurvisi sopra, che per una sol via erta, augusta, e disastrosa, fraposta al Monte Palamide, e alla Marina, appresso la quale è situato in guisa, che da tre parti frena il corso all'onde, con rive si alte, e dirupate, che in ogni occasione d'insidie, leva affatto il commodo al Nemico, non solo di sbarcare militie, mà di battere anco dalle Galere alla Città le mura; il Porto pure, che quanto spacioso nel seno, tanto più angusto nella bocca, non ammette all'ingresso Galere senza l'haver queste una dopo l'altra scorso per qualche tratto un Canale, esposte con grave loro cimento all'Artiglieria, sendo custodito da ben proveduto castello, che per esser eretto sopra un scoglio in circa trecento piedi nel Mare, non può esser espugnato da gente di Terra; ne per sorprenderlo, ponno à causa delle molte secche avvicinarsegli grossi legni; in somma non ha posto lacuno, ove non sij concorsa la natura a munirla, l'industria à confermarla; ne è men considerabile nelle circonstanze del sito, che riguardevole nella qualità de titoli; poiche altre volte era Episcopale sotto l'Arcivescovo di Corinto, hor'è Archiepiscopale Capitale, distante 55 miglia d'Atene, 60 da Misitra, 36 da Corinto, ed'è seggio del Prefetto della Provincia, in cui si numerano sessanta mille Greci, oltre moltitudine d'altri habitanti, quali secondo Pausania, furono anticamente Egittij, ch'assieme con Danao vi dimoravano, come in loro Colonia, onde come variò nel corso del tempo costumi, cosi nel progresso degl'anni humiliò se stessa a più Principi.

Al riporto di Paolo Ranusio, fù nel 1205 presa dalli Veneti collegati alli Francesi; mà poco dopo sopraggiontovi il Rè Giovannissa, quantunque la trovasse guarnita di numerosa milizia, gli diede si vigoroso assalto, che senza repliche impadronitisi, fece trucidare li Comandanti, e la Guarnigione tutta, e spiantare la Città, ch'era ricca, potente, e situata nella meglior parte della Romania.

Et il Verdizzotti dice, ch'essendo posseduta nel terzo decimo secolo da Maria d'Erigano rimasta Vedova di Pietro Figlio di Federico Corner Piscopia, incapace di resistere all'insidie di molti Principi, che la desideravano, e più di tutti dall'avido Baiazet, la presentò in dono à Veneti, sotto il di cui comando passò contenta qualche secolo, non però immune da que disastri, a quali sogliono soggiacere le Città sospirate dalla prepotenza Ottomana, perche tentata da Barbari, provò più volte nella penuria de viveri la tirannia della fame, nell'abbondanza d'insidie, l'ingordigia de seditiosi. Studiava Mehemet II nel 1460 rapirla al suo legittimo Principe, ne considerando arte, che più della militare gl'affidasse il conseguimento, della medema si valse; percio espresse a Macmut Bassà, che con numerose Truppe marchiasse ad'assediarla; il che eseguito, riuscì anco vano; mentre incontrata ne Difensori col valore l'intrepidezza a sostenere ogni violenza nemica, fù costretto doppo moltiplicati tentativi con grave perdita de suoi, abbandonare l'impresa.

Solimano pure, che più de suoi pari nutrì mai sempre l'avidità di dilatare l'Impero, comandò nel 1537 a Casin, Sangiaco della Morea il portarvisi sotto con proportionate forze, a fine d'espugnarla; non corrisposero con tutto cio i fatti all'ingiusta brama; perche conosciuto non meno l'ardore degl'Assediati a respingerlo, della propria premura à vincerli; e avvedutosi ch'il cimentare i suoi con un forte ben munito dall'arte, e meglio dalla natura provisto, sarebbe stato un azzardarli all'ultimo eccidio, intraprese la ritirata; non terminarono però due anni, che ritornato ad'infestarla, l'ottenne non da sforzo delle sue Armi, da quali fù sempre sperimentata invincibile; mà dalla Republica, che gravemente angustiata dalle guerre, e carestie cercava con la pace la quiete.

Se ben questa fù propria al coronato Leone, quale cogl'occhi aperti prende i suoi riposi, sempre attento alla ricupera di quelle piazze, che dalla forza Ottomana gli son state ingiustamente usurpate, e ben ne possono far chiara testimonianza Navarino, e Modone, che di nuovo obbedendo al Veneto commando han scosso in pochi giorni il barbaro giogo sotto di cui per un tempo sì lungo piansero l'indegna schiavitù; ancor Napoli capitale d'un Regno si florido è ritornato in breve tempo a goder una quieta libertà all'ombra de Veneti allori.

Mentre cinta da rigoroso assedio dal Capitan Generale Francesco Morosini si rissolse anch'ella di seguitare il destino commune rendendosi alla giustitia, ed alla forza della Veneta Republica, sotto di cui godeva prima un secolo d'oro. Così in pochi giorni si è ricuperata la più bella, la più forte, e la Capital piazza del florido Regno della Morea stimata quasi che inespugnabile per haver più volte mostrato generosa resistenza alle potentissime armate de barbari, che doppo haver usurpato il rimanente del Regno, conoscendo quanto poco de sicuro possedevano senza questa importante piazza ne bramavano la presa; l'hebbero, mà non à forza; bensi a forza l'han resa; gratie a DIO, e gloria alla Veneta Republica, che essendo stata in tutti i secoli il propugnacolo della fede si rende ben degna, che la mano divina gli vadi accumulando i trionfali allori».

  

Bibliografia e webgrafia di base:

http://romeartlover.tripod.com/Venezia.html

Elsie Spathari, Nauplion-Palamidi. A guide to the history and archaeology, Hesperos Editions, Athens 2000.

    

©2006 Gianfranco Piemontese

   


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