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  a cura di Giuseppina Deligia

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Le immagini:  pag. 1    la scheda    testi da consultare


San Pietro extra muros (Bosa); sopra: la facciata; sotto, l'interno.

 

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Bosa  Bosa

 

L'arcata centrale  L'abside  L'architrave  Particolare di una delle quattro sculture  L'edicola  L'epigrafe di consacrazione

    

 

     

La chiesa, in rossa trachite, è posta lungo le rive del fiume Temo, nella sponda opposta a dove si trova il castello di Serravalle.  

La tripartizione interna dell’edificio è chiaramente deducibile già dalla facciata che è innalzata su uno zoccolo a scarpa a sguscio, delimitata da paraste d’angolo e movimentata da tre grandi archi (i laterali più bassi) a tutto sesto e doppia ghiera.

Questi archi (addossati a filo alla parete) poggiano, lateralmente, sulle paraste e, al centro, su semipilastri che hanno, in luogo dei capitelli, delle sculture (oggi molto erose) quasi a tutto tondo (le ritroviamo anche nelle paraste) che dovrebbero essere la rappresentazione dei simboli dei quattro evangelisti.

Negli archi laterali si apre, nel punto più alto, un oculo quadrilobato nelle cui ghiere interne si alternano due conci di trachite rossa a due conci di calcare bianco; la medesima alternanza si ritrova all’interno dei quadrilobi.

Nell’arco centrale, invece, si apre il grande portale munito di architrave in bianco calcare e arco di scarico a ogiva.

L’architrave presenta una decorazione a sei archetti trilobi entro i quali sono disposti (con una resa bidimensionale), al centro, la Vergine col Bambino affiancata, a destra, dall’Albero della Vita e, a sinistra, da un Santo Vescovo che si suole identificare con Costantino de Castra, colui che consacrò la chiesa); continuando troviamo, all’estrema destra, la figura di S. Pietro e, a sinistra, quella di S. Paolo.

Tutte le figure sono caratterizzate da complicati drappeggi schematicamente incisi, da cui fuoriescono braccia atrofizzate.

Non casuale è che l’edicola più grande sia la centrale, ossia quella con la Vergine e il Bambino, a cui si vuole dare maggiore risalto (si noti la maggiore evidenza data alle colonne).

Le altre edicole, eccetto quella del vescovo, si ripetono tutte uguali.

Qui, dunque, è stata adottata una composizione di tipo gerarchico, ampiamente sfruttata in tutta l’Europa romanica e gotica: Madonna, Santi Pietro e Paolo, Santo vescovo, a cui se viene dedicata l’edicola più piccola, gli si fa occupare in compenso un posto accanto alla Vergine, in primo piano.

Sull’arcata centrale si apre un altro oculo (più piccolo e tutto in rossa trachite) circolare strombato da modanature concentriche a toro e rosa interna quadrilobata.

Sotto gli spioventi del tetto si può notare una teoria con archetti a sesto acuto intrecciati che risvolta per un breve tratto anche sul lato sinistro.

Sopra il tetto della navata centrale si erge un’edicoletta coperta a piramide, sorretta da quattro colonnine ofitiche, avvolte e annodate a metà altezza da un grosso serpente attorcigliato.

Il lato destro è per lunga parte costituito da pietrame misto.

L’abside è divisa in cinque sezioni da lesene che sostengono mensole a sguscio che a loro volta sorreggono due archetti per sezione poggianti al centro su peducci.

Nella prima, terza e quinta sezione s’aprono delle monofore con centina gradonata.

Il lato sinistro è tutto in trachite rossa e, nella parte terminale, compaiono tre lesene contenenti tre archetti.

Sempre da questo lato si trova il campanile a canna quadrata che raggiunge i 24 m , anche se la parte superiore è di rifacimento.

All’interno la navata centrale, absidata, è coperta da capriate lignee; il presbiterio è rialzato, anche ai lati, di due gradini rispetto al piano di calpestio della chiesa.

Si accede alle navate laterali per mezzo di nove archi a tutto sesto, in ogni lato, sorretti da pilastri quadrangolari.

Quest’ultime sono completamente intonacate, eccetto le volte a crociera, e sostenute da archi traversi a tutto sesto poggianti su mensole gradonate in pietra rosa.

Nel primo pilastro a destra a partire dall’ingresso si trova il fonte battesimale in calcare bianco con una croce greca in ogni lato, che in origine stava fra la seconda e terza campata della navatella destra.

Sopra è stata murata l’epigrafe di consacrazione in cui si legge: EGO COSTANTINUS DE CASTRA EPISCOPUS/PRO AMORE ET AD HONOREM SANCTI PETRI/HANC ECCLESIA AEDIFICARE FECI/MLXIII

Quest’epigrafe ci fornisce un importante riferimento cronologico per datare la chiesa.

Lo Spano c’informa che in prossimità della chiesa si ergeva la città romana di Bosa Vetus, conosciuta in un primo momento con il nome di Calmedia.

Al Delogu va il merito di aver distinto in quest’edificio tre diversi momenti costruttivi; al primo impianto, datato dall’epigrafe di consacrazione, risale il corpo centrale della chiesa.

Sono di epoca successiva (entro la prima metà del XII secolo) l’abside e le ultime due campate verso oriente, nonché le prime quattro, con relative crociere, delle navatelle meridionali; invece quelle settentrionali sono coeve alla costruzione della facciata (terza fase).

La chiesa di S. Pietro extra muros merita sicuramente una visita anche per lo stupendo paesaggio che la circonda.

    

TESTI DA CONSULTARE

  

R. Delogu, L’Architettura del Medioevo in Sardegna, Roma 1953.
R. Serra, La Sardegna, in Italia Romanica, vol. X, Torino 1984.
G. Spano, Città di Calmedia, in «Bollettino Archeologico Sardo», III, Cagliari 1857.

               

   

   

©2005 Giuseppina Deligia, testo e immagini. Vietata la riproduzione non autorizzata.

               


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