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a cura di Stefania Mola

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Le immagini:  pag. 1   la chiesa    il battistero    il portale    capitelli e sculture    da leggere


San Giovanni in Tumba: esterno

 

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L’attuale ingresso alla Tumba, incastrato a sinistra dell’abside di S. Pietro  Rilievi dello Schulz  Interno  Interno, veduta delle coperture

  

Capitelli istoriati con le storie di Abramo  Capitelli: Sara, Abramo, frammenti di angeli  Capitelli: frammenti di angeli  Salita alla montagna (già pellegrino al Gargano)

  

Capitello annuncio ai pastori  Capitello: annuncio ai pastori, animali  Capitello: allegoria dell’avarizia  Rilievi sparsi

  

  

     

LA SCHEDA

Quello formato dalla chiesa di S. Pietro e dal battistero di S. Giovanni (insieme alla chiesa di S. Maria Maggiore) costituisce il secondo polo (dopo il santuario micaelico), legato al culto e alla devozione nella cittadina garganica consacrata all’arcangelo Michele.

La chiesa

Della chiesa di S. Pietro restano oggi in piedi solo la zona absidale e alcune tracce della struttura. Dell’edificio altomedievale, eretto probabilmente nell’VIII secolo, si parla per la prima volta nel testo del Liber de apparitione. In esso si dice che il vescovo di Siponto, tradizionalmente identificato con Lorenzo, fece costruire una chiesa intitolata al beato Pietro, principe degli Apostoli, in cui trovarono posto due altari dedicati rispettivamente alla Vergine e a S. Giovanni Battista.

Nell’area di S. Pietro (ristrutturata nell’XI secolo forse a seguito dei danni riportati nel saccheggio saraceno che interessò il santuario micaelico nell’869) si raccolse, tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, un complesso monumentale in cui trovarono posto altri due edifici, il battistero di S. Giovanni in Tumba e la chiesa di S. Maria Maggiore, collegati tra loro da un corridoio. Lo sappiamo dalla Vita di Lorenzo, altro documento della massima importanza per le vicende del santuario micaelico, scritto per la Vita minor agli inizi dell’XI secolo e per la maior entro la fine dello stesso secolo. In quest’ultima redazione emerge la presenza di tre edifici e non più della sola S. Pietro.

Tradizionalmente si è sempre ritenuto che l’area su cui sorgeva il S. Pietro più antico fosse da identificare con quella antistante l’abside oggi ancora visibile. Studi recentissimi basati sulla rilettura delle fonti, sull’analisi orografica dell’area nonché sull’individuazione di particolarità costruttive incongruenti relative al S. Giovanni in Tumba, hanno portato all’ipotesi che l’edificio altomedievale dedicato a S. Pietro, quello ricordato nel Liber de apparitione, potesse sorgere sull’area oggi occupata dal S. Giovanni. In seguito la dedicazione a S. Pietro sarebbe stata trasferita all’edificio costruito ex novo verso ovest; la vecchia chiesa – di dimensioni assai contenute – sarebbe stata dedicata a S. Giovanni Battista, diventando edificio battesimale in funzione del nuovo polo religioso che a sud avrebbe visto la costruzione della chiesa dedicata alla Vergine.

Il battistero

Il battistero di S. Giovanni – conosciuto come Tomba di Rotari a causa della scorretta interpretazione del termine tumba, che compare nell’epigrafe all’interno dell’edificio – fu fondato da un certo Pagano, originario di Parma ma residente a Monte Sant’Angelo, ed da un Rodelgrimo, nativo del Gargano, entrambi rintracciati in un documento del 1109 che li identifica come cognati. Addossato in parte alla roccia, ed in parte incastrato nel volume absidale della chiesa a cielo aperto intitolata a S. Pietro, era probabilmente un edificio pertinente a quest’ultima; si tratta di un ambiente cubico absidato ad oriente, con le pareti incorniciate da robuste arcate concentriche a sesto acuto, su cui furono innestate – una sull’altra – una serie di forme geometriche irregolari rastremate verso l’alto: un prisma ottagonale, due cilindri a sezione ellissoidale ed infine una cupola intessuta ad anelli concentrici. Due ordini di finestre e tre cornici ne scandirono i piani ascendenti, fino a conferirgli l’aspetto di una massiccia torre campanaria d’Oltralpe.

Complessivamente le suggestioni culturali relative a questo tipo di edificio si rivelano assai eterogenee, tanto da aver suggerito – di volta in volta – rimandi alla tipologia dei mausolei fatimidi, delle cube siciliane e dei minareti islamici, nonché ricordi dei battisteri pertinenti alle chiese crociate di Terra Santa, delle costruzioni cupolate pugliesi e di esperienze borgognoni ed alverniati. La singolarità d’impianto e di mole suggerirono già al Bertaux di riconoscervi una sorta di torre campanaria edificata alla maniera pugliese ma secondo indicazioni filtrate proprio dalle esperienze borgognone.

Le continue oscillazioni della critica sulla destinazione d’uso del S. Giovanni coinvolgono un aspetto assai complesso che riguarda la tipologia dei battisteri e dei mausolei e le innegabili interrelazioni simboliche tra vita/rinascita e morte. Tipologicamente tra battisteri e mausolei sono sempre esistiti stretti legami, tanto dal punto di vista strutturale quanto da quello simbolico. Uno dei dogmi fondamentali della mistica del battesimo, basilare per il pensiero cristiano, è riferito nella Lettera di San Paolo ai Romani (6, 3-4), da cui si evince che il battesimo come rituale, oltre a comportare la cancellazione del peccato, porti insita l’idea di sepoltura e morte. Un’equazione mistica sembra realizzarsi tra battesimo, morte e risurrezione, intendendo per morte la morte del vecchio Adamo e una imitazione simbolica della morte di Cristo. Lo schema ottagonale, simbolo di risurrezione e rigenerazione, è l’elemento che lega il mausoleo dal punto di vista tipologico al battistero come luogo simbolico di risurrezione. La stessa motivazione fa degli edifici dedicati al Battista edifici ottagonali, a prescindere dalla presenza o meno di fonti battesimali. Non di rado questi sono edificati in aree cimiteriali, rafforzando l’equazione mistica che associa battesimo, morte e risurrezione. Si vedano, a questo proposito, le considerazioni di R. Krautheimer contenute in Introduction to «an iconography of mediaeval architecture», in Warburg Journal (1942) + Postkript (1969) + Postkript (1987), in Ausgewählte Aufsätze zur europäischen Kunstgeschichte (1988), il tutto tradotto in francese con il titolo Introduction à une iconographie de l’architecture médiévale, Paris 1993.

Un programma iconografico assai ricco ed articolato si dispiega sul portale, sui capitelli, sulle cornici, coinvolgendo angeli, scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché misteriosi personaggi con ruolo e presenza “esemplari” (e tuttavia non sempre espliciti), probabili allegorie dei Vizi e delle Virtù.

Il portale

L’ingresso al battistero avviene attraverso una piccola porta aperta a sinistra dell’abside di S. Pietro, di semplice forma architravata, ricavata nello spessore della muratura e sormontata da due blocchi scolpiti di materiale diverso sistemati in funzione di lunetta e di architrave.

Sul listello piatto che li divide appare un’iscrizione mutila, genericamente ripresa dalla Bibbia, e interpretata come allusione alla redenzione insita nel battesimo:

q petis h (sempre letto da tutta la critica come quod petis habebis, “ciò che chiedi avrai”)

Lastre figurate con scene cristologiche collocate sull’ingresso attuale

La lastra superiore, in pietra calcarea, presenta due episodi della passione di Cristo (foto sopra): la deposizione dalla croce e la risurrezione (quest’ultima attraverso la doppia iconografia delle Marie al sepolcro e del Cristo risorto accanto alla tomba).

Al primo impatto la scena appare priva di qualsiasi rapporto armonico di simmetria ed equilibrio compositivo; gli episodi si susseguono senza cesure, al ritmo ondeggiante di una danza – nella quale è coinvolto anche il precario equilibrio della croce – evocando un sentore "primordiale" che rende le figure senza sguardo e senz’anima. Per quest’aria vagamente arcaica più volte sono state indicate le assonanze con le sculture rinvenute in S. Pietro ed ora nel museo del Santuario (un’Orante e una Madonna con Bambino acefala), ricollegando tutte queste espressioni plastiche al medesimo giro di cultura e di maestranze.

Dal punto di vista iconografico, la scena dominata da Cristo in croce fa riferimento ad un preciso momento nel contesto della deposizione, cioè la schiodatura di Gesù da parte di Nicodemo, momento su cui nessuno dei quattro vangeli "ufficiali" indulge in particolari superflui, nominando solo Giuseppe d’Arimatea ed identificandolo con colui che, richiesta l’autorizzazione a Pilato, portò via il corpo di Cristo per seppellirlo. Allo stesso modo, nessuno dei quattro testi specifica l’identità degli spettatori della scena, mentre solo nel vangelo apocrifo di Nicodemo si ricorda della presenza della Madonna. La tipologia della Deposizione fu fissata per la prima volta dall’arte bizantina, cui si ricollegò gran parte della produzione di età romanica. I protagonisti, riconoscibili anche nella rappresentazione di S. Giovanni in Tumba, sono Giuseppe d’Arimatea (colto nell’atto di sorreggere il corpo che di lì a poco verrà staccato dalla croce), Nicodemo (che con l’aiuto di una grossa pinza si appresta ad estrarre il chiodo dal palmo destro del Cristo), il discepolo prediletto Giovanni e la Madonna, che nella rappresentazione della Tumba appare relegata all’estremo margine sinistro. Sulla destra di questa scena possono essere agevolmente identificati il servo con l’aceto ed il centurione. 

   

      

Le immagini che corredano questa pagina (ne sono autori Nicola Amato e Sergio Leonardi), sono tratte da volumi di Mario Adda editore, Bari.

   

©2003 Stefania Mola

   


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