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a cura di Isabella Bruno

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Le immagini:  pag. 1    la scheda


  LA SCHEDA

 

La storia

L’abbazia si trova a poco più di un chilometro dall’abitato di Cavagnolo su di una collinetta alle pendici del Monferrato. Luogo silenzioso che invita al raccoglimento e alla spiritualità, è affiancato da un edificio dove i padri Maristi, attuali proprietari, organizzano convegni e ritiri. Santa Fede faceva parte di quei luoghi in cui i pellegrini sostavano per riposarsi dal loro errare.

 

Molti venivano dalle Alpi Occidentali e dalle regioni Renane e percorrevano la via Francigena per raggiungere Roma.

Ad un iniziale periodo di relativa prosperità, seguì un’epoca di declino che culminò nel 1477 quando l’edificio passò sotto la giurisdizione dei vescovi di Casale Monferrato. Nel 1616 si trovava in pessime condizioni e bisognoso di restauri che probabilmente iniziarono solamente nel XVIII secolo come testimonia una lapide all’interno della chiesa. Ormai abbandonata e ridotta al rango di chiesa campestre, venne acquistata nel 1855 dallo Stato Italiano e successivamente alienata a privati che non potendosene disfare la adibirono a fienile. Solo i restauri eseguiti su commissione dai Padri Maristi – che acquisiscono S. Fede nel 1895 – e sotto la tutela della Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte, sono riusciti a restituirla allo stato attuale. Il nome dell’abbazia risale a Fede una giovinetta francese martirizzata ad Agen sotto Diocleziano nel 303. L’origine non è certa: in un antico documento del 743 si cita una chiesa dedicata a S. Fede, ma si tratta certo di una costruzione preesistente in quanto gli studiosi fanno risalire la chiesa attuale solo al 1100.

   

La chiesa

Alcuni studiosi ritengono che lo stile di S. Fede sia di derivazione francese; altri sono giunti persino a concludere che sia addirittura una diretta affiliata dell’abbazia benedettina di St.e Foy de Conque, celebre monastero costruito sulla via di pellegrinaggio che collegava l’Alvernia alla Spagna. Tale influenza, si sarebbe estesa anche alle vicine chiese di Montiglio, Montechiaro e Cortazzone. Si ipotizza che alcuni monaci alverniati potessero essere giunti nel Monferrato per edificare Santa Fede allo scopo di  creare nel territorio un nuovo centro benedettino; a tale conclusione si è pervenuti tenendo conto di alcune affermazioni dello studioso Desjardins che asseriva come nel Cartario di St.e Foy vi fosse la prova della dipendenza di S. Fede al monastero francese.

Sembra tuttavia che tale documento non menzioni direttamente S. Fede in nessuna sua parte; come si può dunque risalire a una filiazione sempre che essa sia mai avvenuta? Si potrebbero esaminare ad esempio le numerose somiglianze fra le chiese del territorio del Monferrato e quelle che si trovano in Alvernia: ne sono esempio lo schema delle facciate consistente nel taglio orizzontale tangente l’estremità superiore del portale e le due semicolonne addossate che da terra salgono fino ad incontrarsi con il coronamento di archetti che delimita la parte superiore della facciata (come in Geza de Francovich, St.e Marie de Ripoll). E ancora le decorazioni realizzate con i diversi colori dei materiali da costruzione, l’arco oltrepassato che troviamo in S. Nazario, l’uso della volta a botte portante direttamente la copertura del tetto e la decorazione di cornici a billettes, elementi tutti che rimandano alle caratteristiche della cultura romanica dell’Alvernia. Tale teoria potrebbe essere messa in discussione se si pensa che nonostante sia provato come il culto a S. Fede fosse ampiamente diffuso in ambiente cluniacense – cosa che porterebbe a far credere a una diretta influenza sull’origine etimologica della chiesa astigiana – e altresì evidente la corrispondenza di abbondanti particolari architettonici, come prima accennato, all’epoca erano comunque numerosi gli architetti italiani che si spostavano oltralpe seguendo le committenze ricevute e che come nel caso più famoso di Guglielmo da Volpiano erano in grado di adattare quanto visto altrove alle esigenze ed alle richieste dei mandatari italiani.

La parte esterna dell’edificio conserva, del suo stile originale, un tratto del muro settentrionale - il cui paramento con motivo in cotto e arenaria alternati ricordano Montiglio e Montechiaro - e la parte inferiore della facciata che comprende un ricco portale.

Il profilo della chiesa è a salienti interrotti; la facciata, la cui parte superiore è stata ricostruita in mattoni, è delimitata agli

estremi da paraste angolari. Nelle zone laterali e cioè all’altezza delle due navate, si notano due colonne con capitelli addossate alla parete, che attualmente non hanno alcuna corrispondenza architettonica.

Il portale, leggermente aggettante, è costituito da due colonne site ai lati, dotate di capitelli scolpiti a fogliami e figure umane e al di sopra delle quali sono raffigurati due animali fantastici che si osservano. La ghiera esterna dell’arco è formata da una fascia in cui sono raffigurate decorazioni simboliche: il bordo esterno di tale fascia è contornato da un fregio a billettes. Altre ghiere degradano verso la lunetta ed ognuna di esse poggia su sottili colonne con capitelli scolpiti.

La lunetta è ricca di decorazioni; particolare che si riscontra solo in questo edificio giacché le lunette delle chiese di Cortazzone e Montechiaro sono spoglie. Alcuni indizi portano a pensare che la lunetta sia stata collocata nell’attuale sede posteriormente alla nascita della chiesa romanica; ad esempio, la parte inferiore della stessa, è scolpita con decorazioni di girali di spoglio, mentre in quella superiore trova posto una rappresentazione divina inserita in una mandorla sorretta da due angeli. Probabilmente le due parti sono di manifatture diverse. Alcuni studiosi ipotizzano che al portale sia stato aggiunto successivamente questo particolare architettonico e che ciò abbia creato l’esigenza di inserirvi un’ulteriore decorazione riempitiva;  per tale ragione si ricorse a una mano d’opera diversa per la rappresentazione divina.

Ai lati dell’arco del portale troviamo due grifoni appollaiati, mentre a sovrastare lo stesso è situata una cornice orizzontale a rosette. Dall’estremità della cornice salgono due lesene che si collegano al timpano creando una zona entro la quale si colloca una bifora. All’interno la chiesa è suddivisa in tre navate da pilastri formati da semicolonne addossate sui quattro lati nei cui capitelli sono

raffigurati temi vegetali e animali. La navata centrale, terminante con abside semicircolare, è ricoperta da una volta a botte, mentre quelle laterali da volte a crociera.  

Come a Montiglio gli archi longitudinali sono incorniciati da decorazioni a damier e quelli trasversali segnano le imposte della volta a botte. All’altezza della zona presbiteriale è visibile un transetto non sporgente ma internamente evidenziato  da una sopraelevatura rispetto alle navate laterali. La posizione del campanile che si innalza all’incrocio fra la navata maggiore e il transetto, è un ulteriore indizio che richiama il gusto architettonico francese.

  

Per il turista.

Ingresso gratuito

Per informazioni: tel. 011/915.11.24

Nella Casa di Spiritualità si tengono esercizi e ritiri spirituali.

   

   

©2001 Isabella Bruno 

   


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