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DE CASTRO VENANDI CUM ARTIBUS  a cura di Falco, Girifalco e Metafalco

di Falco

«... Bene signori, la visita a Castel del Monte termina qui, vi ringrazio dell’attenzione e nel salutarvi vi auguro ancora buon divertimento e una buonissima giornata...». A me, visitatore reduce di 45 minuti circa, dico, 45 minuti, che moltiplicati per 60 danno non so dire quanti secondi - probabilmente perché non mi sento, a questo punto, abbastanza lucido per potermi permettere di fare operazioni matematiche così complesse - 45 o anche più minuti, dicevo, passati a girare all’interno di un “non ho ancora capito di cosa si tratti” mentre la voce di chi avrebbe dovuto essere in grado di chiarire i miei dubbi non ha fatto altro che confondere ancora di più le poche idee che mi circolavano nella mente, verrebbe da aggiungere: «Sì, con i programmi di questa rete».

Sì, ne sono convinto, potrei ragionevolmente ritenermi una sorta di vox populi per poter parlare a nome di un qualsiasi cittadino del mondo che accorre a Castel del Monte o perché è sempre stato affascinato dalla figura del grande Federico II (che non è il figlio di Federico I, attenzione, questo me lo hanno insegnato  a scuola e non lo dimentico... forse di Enrico VI? Vabbè, me lo farò spiegare da chi è “lautamente” pagato per rispondere a questo banale quesito), o perché, di recente, ha guardato con curiosità sul retro del centesimo questo piccolo-grande «panettone», questo grande «diadema», questo grande «capezzolo che si erge alla sommità di un colle così fertile e fecondo da evocare l’immagine di un seno»,... giuro che l’ho letto da qualche parte, non so dove, ma basta questo per ammonire chi si azzarda a dire che i visitatori che giungono al grande castello sono totalmente a digiuno di quello che si accingono a visitare, avete capito, sì, voi care guide ufficiali: le persone alle quali vi rivolgete, stramazzate dal caldo o dal freddo, a seconda dei periodi, con il conto in banca prosciugato a causa dei tutt’altro che moderati costi comprensivi di parcheggio e servizio bus-navetta, ingresso al castello e, per chi ha ancora un assegno da strappare, il “privilegio” di poter disporre di una guida che tutta sorridente e magari con una penna in mano che con fare da maestrina mi ordina ora di sedermi, ora di rialzarmi, ora di fermarmi, ora di stare attento per poter capire tutto quello che le hanno detto di dire (quando, invece, la mia attenzione è calamitata più che altro dalla facilità con cui si riesce a far apparire, sotto l’alone del mistero e della leggenda, come vere e quasi dogmatiche, quelle che, a mio parere, lo dico e ora che ho appena finito di sottopormi al supplizio di doverla stare ad ascoltare, delle vere e proprie caz... cioè, un tantino esagerate, arbitrarie e senza nessun fondamento né storico ma nemmeno logico!)…

Ebbene, queste persone che arrivano qui, assetate di sapere (chissà, forse in passato era proprio il pozzo ad assurgere a tale funzione... potrei proporre questa ipotesi, tanto, qui, sembra tutto vero, tutto ammissibile, ipotizzabile…), non sono mica tutte scolaresche desiderose di leggende che parlano di principi, di dame  e di cavalieri innamorati a loro volta traditi con i cortigiani... No, care mie, lo status della “beata ignoranza” è finita da un bel pezzo!... Scusatemi, scrivo di getto, carico di stizza e di stupore ma anche rassegnato di fronte alla povertà di spirito e alla mancanza di umiltà da parte di chi non è in grado di spiegarmi la differenza tra un arco a sesto acuto e uno ad ogiva (è normale, siamo più o meno lì! Che birbanti quelli che pongono queste domande.., lo ammetto, ma basta essere un tantino preparato). 

E se poi passiamo alla storia potremmo sbellicarci dalle risate, ma non ho intenzione di addurre nessun esempio sennò comincerei a stilare un elenco che non avrebbe termine nemmeno per il prossimo equinozio o solstizio d’estate (mi sembra di aver capito che queste parole vanno di moda qui a Castel del Monte, se non sbaglio quando si entra nel cortile), boh!, non ho capito a cosa si riferiva la simpatica ragazza quando parlava di gnomoni, di sole che bacia la donna vestita alla greca nel bassorilievo di fronte alla stanza del trono, per non parlare della vasca nella quale è affogato l’architetto di questo grandissimo eppur saturo contenitore delle ipotesi più svariate...

E se poi penso ai riti magico-esoterici (di alchimia e di simili pseudo-scienze sono totalmente a digiuno, al massimo ho letto l’alchimista di M. Yourcenar, ma non mi ci è voluto poi tanto a dedurre che quando si parla di esoterismo e roba del genere quando ti fanno notare cerchietti e quadrati, si tocca davvero il fondo…), ai camini simbolo del fuoco che, forse, forse, potevano anche servire ad un semplice uomo, medievale, sì, ma pur sempre un uomo con i suoi bisogni e le sue esigenze di riscaldarsi, mangiare, star seduto a raccontar o ad ascoltar storie, o a elargire carezze nei confronti della sua amata...

Ecco, forse è questo il punto al quale volevo arrivare e per arrivarci davvero parto dall’inizio, quando parlavo di operazioni complesse e macchinose, ma qui la matematica non centra; certo, la sapienza costruttiva apportata dagli architetti "arabi" è indiscutibile, la personalità estremamente poliedrica di cui Castel del Monte sembra essere la più palese espressione deve esser stata tutt’altro che semplice ma, alla fine, mentre mi lascio alle spalle questo affascinante «percorso iniziatico» (mi sento quasi importante e fortunato, ma la guida mi ha assicurato che è così, davvero, basta poco a rendere felice una persona se le si dice una cosa del genere...) e mi dirigo a bordo dell’efficientissimo bus navetta per raggiungere il mezzo che mi riporterà a casa, non mi restano che ulteriori dubbi, questioni irrisolte, anzi, quasi esasperate…

Ma perché bisogna complicare tutto? Forse perché il mondo oggi, per dirla con una frase fatta, è un mondo difficile? Perché tanto ipotizzare, sproloquiare, che non significa un voler rinunciare alla bellezza dell’immaginazione e al potere di fantasticare, e chi non lo fa mentre passeggia per le stanze di un qualunque castello, che sia un castrum, che sia una domus, che sia una qualsiasi costruzione che è nata per un suo proprio scopo, in un determinato contesto storico?... E allora, da semplice profano che ha appena terminato il suo viaggio all’interno di questo… fate voi… vorrei affermare che il problema è proprio la tendenza sfrenata estremamente esagerata e arbitrariamente soggettivata a complicare ogni cosa… Sarà una visione semplicistica, la mia, ma non credo che, a questo punto, possa essere ritenuta meno plausibile rispetto alle innumerevoli ipotesi finora avanzate a riguardo.

N.B.: io, semplice turista, amante della storia e della cultura, ma anche dell’obiettività, preferisco, a buon ragione, parlare di ipotesi. Vi garantisco che, nel famosissimo castello, c’è chi ha parlato non certo per ipotesi, il che sarebbe accettabile, ma di dogmi e principi precostituiti, come se la storia si facesse non con i documenti, ma con le parole. Questo, scusate lo sfogo, è davvero troppo!

    

©2003 Falco; le foto sono di Luigi Bressan (la prima) e di Girifalco.

   


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