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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


 

«Lo spirito della valle non muore. Questo si dice della femmina oscura. La porta della femmina oscura  è la radice del cielo e della terra. Sembra durare ininterrottamente, nella sua azione è infaticabile»

Lao Tze, Il libro del Tao

 

Una particolarità tutta foggiana, unica del cattolicesimo, è quella di venerare una icona antichissima senza che i fedeli da secoli ne conoscano l'immagine. Cercheremo di sviluppare sulle origini di questo culto un'ipotesi più legata al simbolismo che non a specifiche cause storiche. Qualunque possano essere le ipotesi di studio sul campo, resta paradossalmente il fatto che, per un popolo di fedeli, abituarsi a venerare nei secoli una Madonna invisibile è, a tutti gli effetti, un culto "esoterico"…

Sulla fattura orientale bizantina del dipinto, la cui datazione permane incerta, dubbi non dovrebbero più essere, alla luce di quanto emerso dalla ricognizione con conseguente restauro del dipinto nel 1981. Si tratterebbe di una icona Kiriotissa, in ambito bizantino cioè la raffigurazione della Madre di Dio nell'atto di mostrare il Cristo bambino.

Anni addietro Mons. Fausto Parisi, allora vicario generale della Diocesi di Foggia - Bovino, mi fece osservare come al suo primo apparire nella storia (poco dopo l'anno 1000 d.C.), l’opera veniva già indicata come Icona Vetere, dunque ritenuta alquanto antica sin da allora. I sette strati di tela neri potrebbero indicare che il tavolo di cedro del Libano dipinto fosse stato coperto (da teli idrorepellenti) per essere gettato (in un pantano) allorché l'immagine ormai nel tempo rovinata richiedeva di essere "sostituita" al culto con una più fresca (consuetudine bizantina) e ciò per rispetto da parte di chi doveva eseguire la "distruzione" verso una immagine comunque ritenuta ancora sacra; altre voci dicono che comunque il dipinto fosse venerato senza coperture almeno fino agli inizi del secolo XVIII. Ma qui un'ulteriore dilemma poneva Mons. Parisi: se all'atto del "ritrovamento" Foggia ancora non esisteva (la città si sviluppò, stando alla storiografia ufficiale, proprio attorno alla chiesa edificata dal normanno Roberto il Guiscardo per custodire l'immagine) dove ab origine il culto della icona veniva praticato? è ipotizzabile prima dell'anno 1000 un sito cultuale presso i resti della vicina città preromana di Arpi? Noi vorremmo tentare di analizzare la vicenda sul piano simbolico, non perché questo possa dare inequivocabili risposte, ma semplicemente perché abbiamo visto già per altri insediamenti dauni (la Montagna Sacra e la Tomba di Rotari) la possibilità che una comunità misterica possa essersi sviluppata in Daunia da tempi immemori. Il prof. De Troia, già nella prefazione al suo studio sul Quaternus de Excadenciis della corte di Federico II [1], ipotizza sia stata la curia medioevale o post di Troia ad aver in ogni modo "depistato" la storia acché la verità sulla importanza primigenia e continuità del sito arpano con quello foggiano fosse sminuito rispetto al troiano.

Una pubblicazione sul simbolismo della Icona Vetere è quella dell’architetto Jarussi, che ne colloca le origini più probabili in epoca di dominazione bizantina sulla Daunia (intorno al VI - VII secolo), in un periodo di lotte contro i cristiani iconoclasti d'oriente, forse influenzati dal coevo sorgere dell'Islam. Nel contempo collega la nascita della leggenda sul Sacro Tavolo in un quadro di fermenti teologici e dottrinali più o meno eterodossi innestati sulle più ampie vicende storico-militari del basso Medioevo, e di varia provenienza (leggi eresie neo-manichee in primo luogo). La copertura del tavolo, quindi, come tentativo di salvarlo dalla furia distruttiva, e conseguente riesumazione a bizantini ormai scacciati dal meridione della penisola, pur conservando la sua "inviolabilità".

Noi vorremmo far emergere una ipotesi ulteriore, e cioè che il culto di una Madonna velata potrebbe avere un significato occulto, mirante simbolicamente ad incitare verso il culto del vero Dio inteso esotericamente, cioè interiore, presente dentro di noi, invisibile, come elemento divino che ci appartiene dall'eternità e in opposizione al corpo, transitorio e limitato, che ci "imprigiona" in uno stato di imperfezione e di ignoranza. Tutto ciò risalirebbe coerentemente a concezioni del Medio Oriente cristiano egiziano e siriano dei primi secoli dopo Cristo; quindi: un culto devozionale “exoterico” che fa da supporto a un culto esoterico forse di derivazione gnostica orientale. La storia della Chiesa di Roma ci dice come queste dottrine di tipo gnostico, cristianizzatesi, siano state progressivamente, nei primi secoli dopo Cristo, ridotte ad eresie [2]. è possibile quindi che, in Arpi o in Foggia dopo le dominazioni bizantine, il culto cristiano sia rimasto legato a particolari riti più marcatamente orientali, di cui potrebbe essere stato novellatore e organizzatore il famoso vescovo orientale San Lorenzo Maiorano, che si dice portatore di tre icone da Bisanzio, tra cui la nostra; lo stesso che la leggenda vuole iniziatore del culto di San Michele in Monte Sant'Angelo col chiaro intento di riportare in un alveo di cristianità le tradizioni sacre garganiche precristiane e pagane [3]. Proprio i cristiani d'Oriente avevano istituito un culto mariano molto prima che ciò, nel Medioevo, si attuasse anche in Occidente. Da Puech [4] apprendiamo come, per alcune sette gnostiche, il "Salvatore" venisse identificato al femminile e proprio come Madre di Dio, collegandosi con la divinità mesopotamica di Ishtar, avente medesimo significato. Inoltre, nel rito orientale, l'immagine mariana durante la funzione restava coperta da veli o da ante in legno, e solo al momento dell'eucarestia questa veniva disvelata o aperta. Vi può essere collegamento tra questa pratica e i veli della Icona Vetere foggiana? Una divinità femminile del mondo antico, la Iside egizia, può prestarsi molto ad una trasposizione con la Vergine della tradizione cristiana foggiana, e dalla ricognizione al Sacro tavolo del 1981 emergerebbero almeno tre elementi a sostegno di tale tesi:

A) Le fattezze della  Madonna dipinta risultano non europee;

B) La Kyriotissa in posizione eretta è anche la tipica raffigurazione della Iside egizia con in braccio Horus;

C) L'abito presenta due fasce che dal petto convergono in vita e discendono ai piedi, il tutto richiamante la lettera "Y" (un abito molto simile, ma di colore rosso, si può riscontrare in alcune immagini di Federico II di Svevia da codici miniati d'epoca).

Vi può essere attinenza, a livello di simbolo, tra la "Iside velata" dell'Ermetismo rinascimentale europeo, la danza dei "sette veli" della biblica Salomè che fa "decapitare" Giovanni il Battista e la foggiana Icona Vetere-Madonna dei sette veli?

Una parola definitiva su queste digressioni, e soprattutto per quel che concerne il punto terzo, ci è fornita da René Guénon [5]:

« ...la lettera ‘I’ e le sue equivalenti segnano l'affermazione dell'Essere: Ya, Io; esse appellano il Verbo. In ebraico, il nome ‘Iah’ designa Dio che si afferma, che entra in atto mediante il suo Verbo, cioè la Potenza divina che si manifesta. In sanscrito, ‘Ya’ indica la Potenza unitiva, la Potenza donatrice, la Potenza della Meditazione sacra, l'Emissiva dell'Andare e la Remissiva del Ritorno. è anche la Potenza principale femminile e, in un senso inferiore, la designazione del sesso femminile (simboleggiato dalla Yoni), poiché questa lettera (equivalente a Y o a I consonante) è una desinenza femminile; essa corrisponde alla Saggezza divina, alla Regina del Cielo degli antichi Patriarchi e delle Litanie di Maria Assunta ... è la prima lettera dei nomi del Padre e del Figlio: essi sono consustanziali in essa... il suo colore è il blu, il suo segno zodiacale la Vergine... Nell'anno liturgico, essa corrisponde all'epoca dell'Assunzione (15 Agosto)».

 

Non sarà casuale, detto ciò, constatare il colore blu dell'abito della nostra icona e i particolari festeggiamenti riservati a Foggia per il 15 agosto. Infine, a far propendere per una origine gnostica della reliquia concorre la sovraccarica numerologia del 7 (simbolico per eccellenza nelle speculazioni degli gnostici) di cui essa è portatrice: i veli che la ricoprono, i sette diademi nella aureola della Vergine e i sette in quella del Bambino; come sette sono i "doni dello Spirito Santo" [6]. Possiamo leggere, nell’apocrifo Vangelo di Tommaso, il detto n. 4 che recita: «Gesù disse, ‘L’uomo in età avanzata non esiterà a chiedere a un bambino di sette anni dov’è il luogo della vita, e quell’uomo vivrà. Perché molti dei primi saranno ultimi, e diventeranno tutt’uno’».

 

 


1 G. de Troia, Quaternus de excadenciis et revocatis Capitinatae, ed. della Banca del Monte di Foggia 1994, stampato nell'ambito delle manifestazioni per l'8° centenario dalla nascita dell'Imperatore.

2 Col Concilio di Calcedonia del 451 d.C. già si creò una frattura tra i cristiani d'Oriente e quelli dell'allora agonizzante impero romano e di Costantinopoli, e potrebbero avere avuto un ruolo nella successiva rottura tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente (1054), oggi chiamata Ortodossa, che mantiene delle reminiscenze gnostiche, come ad es. il diverso concetto di Eucarestia o le pratiche dell'Esicasmo.

3 Per i cristiani d'Oriente l'angelologia è dottrina molto più pregnante che per quelli d'occidente; in greco Agghelòs vuol dire "messaggeri".

4 H. Ch. Puech (a cura di), Gnosticismo e manicheismo, Laterza, Bari 1988.

5 René Guénon (Palingénius), L' Archeometra, Atanor, Roma 1990, pag. 54.

6 Il significato del sette per gli gnostici era proprio quello di materia generante, e in questo senso per analogia riferita alla Madre di Dio, passione e morte nella manifestazione cosmica come porta verso la resurrezione-redenzione della componente divina dell'uomo, attore cosciente della Rigenerazione Universale (per dirla come Jacob Bohme).

   

   

©2003 Sante Asse

   


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