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Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


   

La dea Kali

   

Le stelle sono oscurate,
Le nuvole coprono altre nuvole,
E' oscurità vibrante, risuonante;
Nel vento ruggente che soffia turbinante
Vi sono le anime di un milione di folli,
Appena fuggiti dalla casa-prigione,
Alberi divelti alle radici,
Spazzati via dalla strada.
Il mare si è unito alla mischia
E fa turbinare onde gigantesche
Per raggiungere il cielo nero come la pece.
Il luccichio di una tenue luce
Rivela da ogni parte
Migliaia e migliaia di ombre
Di morte, luride e nere.
Spargendo calamità e dolori,
Danzando folle di gioia,
Vieni, Madre, vieni!
Perché terrore è il Tuo nome,
La morte è nel Tuo respiro,
E la vibrazione di ogni Tuo passo
Distrugge un mondo per sempre.
Vieni, Madre, vieni!
La Madre
appare
A chi ha il coraggio d'amare il dolore
E abbracciare la forma della morte,
Danzando nella danza della Distruzione.

Vivekananda - Madre Kālī (1898)

           

O Vergine di Salute

Stella del mare

Tu che avesti per Figlio il Sole di Equità

Creatore della Luce

o sempre Vergine

accogli la nostra lode

Regina del cielo,

che dispensi rimedi ai malati,

Grazie ai devoti,

Gioia agli afflitti,

celeste Luce al mondo

e speranza di salvezza

 

 

Da una preghiera del sec. XII

 

è certamente azzardato cercare un qualche parallelismo tra le funzioni mitiche della dea nera indiana Kali, dall’aspetto terribile e sanguinario, e certe Madonne medievali dal colore bruno e dal culto radicato specie nei paesi dell’Europa mediterranea. L’attribuzione ad una entità femminile di un potere distruttivo-rigeneratore del Sacro sulla natura  è riscontrabile, oltre all’indiana Kali, in divinità di ogni parte del mondo, quali la egizia Iside, la mesopotamica Ishtar, l’azteca Coatlicue e varie altre. A testimonianza di ciò ecco un breve brano dall’Asino d’oro di Lucio Apuleio (II secolo d.C.):

«… Eccomi Lucio commossa dalle tue preghiere. Io sono  la Natura Genitrice di tutte le cose, signora degli elementi, principio e generazione dei secoli, la più grande dei Numi, la regina dei Mani, la prima fra i Celesti, forma tipica degli Dèi e delle Dee, che governano col mio cenno le luminose vette del cielo, le salutari brezze marine, i lacrimati silenzi degli Inferi. tutto il mondo venera il mio nome, unico se pure sotto molte e diverse forme, con vario rito e con diversi nomi. I Frigi primi abitatori della Terra, mi chiamano la Pessinunzia Madre degli Dèi; gli Attici autoctoni, Cecropia Minerva; ho nome Venere Pafia presso gli abitanti dell'isola di Cipro; Diana Dittina presso i Cretesi famosi arcieri; Proserpina Stigia fra i Siculi trilingui; Vetusta Cerere fra gli Eleusini; altri mi chiaman Giunone, altri Bellona; questi Ecate e quelli Ramnusia. Ma solamente coloro che sono illuminati dai primi raggi del nascente sole, cioè gli uni e gli altri Etiopi, e gli Egiziani ammirevoli per la loro antica dottrina, mi onorano con un culto di adeguate cerimonie e mi appellano col mio vero nome di Iside Regina». 

Simbolicamente tutte queste ipostasi divine al femminile starebbero ad indicare quell’insieme di forze cosmiche (se al bianco) o telluriche (se al nero), sorta di energie trasformatrici agenti sia sul piano terrestre della vita corporale sia su quello sottile dei mondi ultraterreni, cioè di quelle dimensioni spirituali o informali dell’Essere tanto ben indagate da René Guénon ne Gli stati molteplici dell'Essere (1932).

Secondo la Tradizione queste forze, senza forma e senza tempo, sono alcuni di quegli “attrezzi da lavoro” che gli Adepti, attraverso una adeguata iniziazione, sono in grado di manipolare per operare tutta una serie di atti che possono andare dalla rigenerazione interiore personale (alchymia spiritualis) all’agire “magico” sul mondo fenomenologico, interventi quest’ultimi non necessariamente qualificanti ai fini di una sapienza esoterica, ma di cui, seppur di grado inferiore, sono parte; e ci riferiamo a cose come la veggenza, la profezia, la terapeutica ecc... Ma è solo in società dotate ancora di una qualche concezione mitica della Conoscenza, cioè di un pensiero in qualche modo olistico, unificante, che tali facoltà possono sussistere e legittimamente trasmettersi di generazione in generazione fuori da presumibili meccanismi di superstizione; un pensiero cioè in cui il profano procede e si intreccia al Sacro, in cui la mente razionale (sostanzialmente utilitaristica) soggiace al Cuore, centro spirituale individuale ma impersonale, predeterminato rispetto ad ogni altro centro in  qualche modo contingente e socialmente indirizzato,  gerarchizzato o meno attraverso organizzazioni che in ambito occidentale hanno sempre adottato forme di religioni, differentemente dalle società orientali, come ampiamente descritto sempre da Guénon in La grande triade (1946); opera meritevole di attenzione specie oggi dato il soggetto dello studio, ovvero gli ambiti iniziatici del continente cinese.

 

Per la dottrina sanscrita la Dea Kali è ovviamente quella che presiede il Kali-Yuga, l’epoca attuale, l’Età del Ferro che conclude un Ciclo di manifestazione cosmica, fase in cui quanto prodotto da una civiltà nel corso anche di svariati millenni viene immancabilmente a corrompersi, distruggendosi per far posto a nuovi cicli, nuove ere, nuove umanità.

Riteniamo la comparsa delle Madonne nere medievali in Europa connesso a qualcosa da cui procede anche questa stessa  mitologia induista, non potendosi in alcuna maniera considerare come derivazione diretta di quest’ultima.

Nel Medioevo la fede cristiana appare soggiacere a quella fase cruciale in cui il pensiero mitico, sincronicamente alla Parusia del Signore (la Sua presenza reale in ogni manifestazione umana) veniva ad essere definitivamente soppiantato; in concomitanza né la giustizia divina poteva più essere desunta nelle pratiche dell’Ordalìa né la saggezza dei misteri divini accettata prerogativa di una casta sacerdotale (da cui la recrudescenza inquisitoriale per combattere le eresie e quant’altro).

è questa decisamente una fase di distruzione e riorganizzazione, di morte e rinascita, in cui ciò che si emanava da una Rivelazione in un dato momento della Storia, per sussistere nel nuovo tempo, necessitava di altre forme, di ulteriori detentori e forse di orizzonti dottrinari più ampi.  Ecco allora come la promozione  per tutta l’Europa cristiana del culto di Madonne nere può configurarsi indizio di questa epoca nuova; conseguentemente gli Adepti, anche se in parte inquadrati  all’interno della stessa struttura ecclesiastica, devono occultare la loro Opera per preservarla; i Re diventano assolutisti e sempre più si sentono svincolati dalle norme di indirizzo dell’autorità sacerdotale che tradizionalmente ne legittimava la funzione; infine i popoli per sentirsi ancora ricollegati ad una dimensione del trascendente necessitano di una esperienza più diretta della fede, di una qualche impresa che possa saldarli al soprannaturale.

Da qui l’invenzione delle Crociate, che all’origine, è bene rammentarlo, non erano altro che Passagium, ovvero semplicemente un Pellegrinaggio. Di come poi un passagium abbia finito col connotarsi per lo più di elementi bellicosi, resta una questione a parte. Questa dimensione della fede per l’Età oscura, di cercatori di un’esperienza diretta del divino, doveva essere inevitabilmente graduata da individuo a individuo, ma comunque ancora possibile sotto il segno della cristianità, pur se dialetticamente contrapposta ad un Altro, all’Infedele che si frappone nel cammino verso Gerusalemme o qualunque altra meta. I luoghi del pellegrinaggio della cristianità medievale in Europa si connettono in gran numero a questi nuovi o rinnovati siti cultuali mitici intitolati ad una entità femminile, presidiati ad hoc da ordini monastici, mai inurbati altresì disposti a rete sul territorio e a distanze la cui copertura, muovendosi a piedi, potesse essere agevole  nell’arco di una giornata solare e dotati di un Hospitium, un Ospedale in cui “riprendere le forze” per il ritorno.

Mirabilmente espressa, e con risvolti propriamente esoterici, questa condizione di transitorietà del viandante pellegrino ed insieme cercatore di una Salvezza - Illuminazione  per l’Anima,  nella celebre frase del monologo dell’Amleth di Shakespeare To die, to sleep; to sleep, perchance to dream: Morire, dormire; dormire, forse sognare.

Questa sosta e ripartenza di dove in dove diviene simbolo del cammino interiore da intraprendere con quei connotati di urgenza (la morte incombente…) sentore questo di una fine che sovrasta i ristretti ambiti individuali e si vuole connesso a qualcosa di più genericamente cosmico.

Ishorus

Madonne nere; l'ultima in basso è la Madonna dell'Incoronata (Fg).

Le Madonne nere, come la dea Kali, sono tuttora una meta, anche se di pellegrinaggi motorizzati e ridotti a “turismo religioso” per frenetici fine settimana, forse dalla dubbia capacità di indurre il sogno.

   

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Nel vortice dell’epoca al nero, e portando il discorso su un altro piano, questa conoscenza mitica che veniva occultandosi doveva produrre altre risultanze o sopravvivenze: non è casuale come nel mezzogiorno d’Italia il “Mammasantissima” sia espressione indicante non tanto la Madre Divina, quanto il Capo dei Capi in contesti non propriamente leciti. è da ritenersi come alla radice di certi fenomeni di sopravvivenze post-medievali di una qualche Autorità fuori dalle legittimità nuove delle entità nazionali post-feudali vi fossero tutto un insieme di istanze diventate poi struttura di fenomeni designati come la Società Onorata (in riferimento all’onore militare) o anche della Omertà o Umirtà (in riferimento al segreto) connesse a quei poteri che dal medioevo in poi finirono per essere abbattuti da quelle stesse entità, Monarchia e Papato, che si assestavano con altri rapporti di forza e con altre motivazioni si proiettavano verso il futuro.

Vi è un curioso frammento di dialogo, in un lungometraggio cinematografico degli anni settanta, che forse fotografa questo stato delle cose, altro Amleto di un’altra Danimarca.

La pellicola, dal titolo Milano calibro 9 (anno 1971) del regista foggiano scomparso di recente Fernando di Leo, vede in una scena il personaggio di don Vincenzo, padrino vecchio e ormai fuori dai giri che contano (impersonato mirabilmente da Ivo Garrani) che, passeggiando per un parco con due suoi ex-picciotti, così declama a proposito dei metodi criminali delle nuove organizzazioni:

 

-         Padrino: Se continua così, faranno un’antimafia anche per Milano

-         Picciotto: Per Milano, e che c’entra?

-         Padrino: Perché, in Sicilia pensi che c’entra? La chiamano mafia, ma la vera mafia non esiste più…Quando quelli dell’edilizia hanno bisogno (di liquidità) commerciano in droga, quando quelli della droga devono ripulire i proventi si danno all’edilizia. La chiamano mafia, ma sono solo bande in lotta tra loro.

 

Da queste scarne frasi si scorge il venire meno non solo del vincolo d’onore retaggio delle antiche società segrete di vendetta e mutuo soccorso (pensiamo ad esempio ai Beati Paoli, alla Fehmegerichte vestfalica o alla Santa Vheme), ma anche il tracollo della Sapienza applicata (l’architettura sacra dei maestri muratori ridotta a speculazione edilizia…) o della stessa Sapienza Santa (la gnosi spirituale sostituita dai paradisi artificiali indotti dalle sostanze stupefacenti…).

In qualche maniera, questa trasposizione analogica tra una fase del ciclo temporale presente di massima discesa e un passato di massima grandiosità, rivela una sostanziale aderenza col mito biblico per eccellenza, quello della caduta di Lucifero, anche questo sintetizzato meravigliosamente nelle parole di William Shakespeare tratte dal Macbeth:

«Angels Bright still, But The Brighter Felt».

Ovvero: «Gli Angeli ancora brillano, ma il più brillante cadde...».

    

Per finire:

    «... A quanto si sa, i manichei dei primi secoli della nostra era concepirono l'universo come l'eterno conflitto tra il regno del Bene, il cui elemento naturale è la luce, e il regno del Male, il cui elemento naturale è la tenebra. Analogamente, i thugs dell'Indostan riducevano la storia universale alla costante battaglia tra Annichilimento e Creazione, e si dichiaravano proseliti del primo, personificato dalla dea Kali, chiamata anche la Madre Nera , i cui altri nomi erano Durga e Parvati. I thugs scortavano i viaggiatori per proteggerli dai thugs, e una volta conseguita la solitudine li strangolavano, dopo riti preliminari, con cordoni di seta...»1.

 

   


1  Jorge Luis Borges, dalla prefazione al libro di Arthur Machen La piramide di fuoco, Franco Maria Ricci Editore, Parma-Milano 1977; edizione a tiratura limitata numerata (N. 1126 di 3000) gentilmente concessami dall'amico dott. Marco de Rosa..

  

   

©2006 Sante Asse

    


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