Sei in: Mondi medievali ® Il canto delle sirene


Il canto delle sirene

a cura di Sante Asse


Il balcone al primo piano del palazzo Mercadante di Altamura

    

Nella città di Altamura (Ba), sul viale principale dedicato all’Imperatore per eccellenza dell’immaginario collettivo pugliese e non solo, Federico II, sorge un palazzo patrizio di alcuni secoli vetusto, che una lapide ricorda essere stato oltretutto casa natale del musicista Saverio Mercadante.

Non abbiamo purtroppo notizie storico-architettoniche inerenti il complesso, le quali avrebbero potuto esserci di aiuto per una disamina più approfondita sull’oggetto del nostro studio. Quello che a noi qui interessa è la terna di sculture poste ad ornamento dei talamoni che reggono il balcone al primo piano in corrispondenza dell’ingresso principale che dà sul corso.

I tre talamoni hanno le sembianze di tre personaggi allegorici, a nostro avviso non casuali, che sono, da sinistra verso destra:

1)     Testa di donna africana con sguardo leggermente volto in alto alla sua sinistra;

2)     Testa di vegliardo con sguardo ritto e, più sopra, un fiore a quattro petali;

3)     Testa di uomo con cappello e baffuto con  sguardo leggermente volto in basso alla sua destra.

          

    

Abbiamo per parecchio tempo concentrato la nostra attenzione sul possibile significato semantico, sulla tipologia del rebus, che la costruzione potesse sottendere e di cui riferiremo più avanti. Intanto abbiamo cercato fin quanto possibile di scoprire se una figurazione più o meno simile fosse presente in qualche altro luogo. Alfine, su una rivista abbiamo rilevato una decorazione di casa patrizia veneziana non meglio specificata dove le tre teste, ravvicinate in piccolo a formare la base di una nicchia con scultura, avevano praticamente uguale disposizione e descrizione. La sola rimarchevole differenza consiste nel fatto che il vegliardo ha lunga barba e baffi, non vi sono fiori sul capo e la bocca è marcatamente raffigurata come ad emettere il suono della vocale “O”. Questa era, in una qualche misura, l’indizio che poteva farci giustificare l’ipotesi che il trittico, foss’anche divenuto un espediente decorativo “di maniera”, era stato concepito all’origine perché doveva in qualche modo portarsi dietro un significato sotteso e mirato a pochi eventuali decifratori.

Per cercare, nel nostro piccolo, di dare compiutezza all’eventuale messaggio esoterico, ci siamo rifatti sia a quanto riportato da René Guénon nei suoi studi sulla Massoneria che, ovviamente, sul Fulcanelli delle “dimore filosofali”, che in qualche modo suggeriscono anche un metodo di decifrazione.

La testa di donna africana indica evidentemente una schiava (in francese esclave) che potrebbe indicare una clé-chiave di lettura del rebus figurato. La chiave è indicata dallo sguardo della donna, che è nera e guarda giustamente in alto perché in alchimia spirituale la fase al nero è quella preliminare per chi voglia “salire”. Lo sguardo quindi dovrebbe indicare il fiore a quattro petali che è fleur cioè l’Oro, l’Or in francese, il traguardo alchemico che a Venezia è la “o” pronunciata dal vegliardo-vieux (ossia j’ai vu = Io ho visto, ma anche voulu = voluto…). Vegliardo che qui ha anche lunghi capelli, ovvero longue cheveux che è per assonanza simile a langue des oiseaux, cioè la lingua degli uccelli, il termine col quale si indicava il linguaggio criptico degli “iniziati”.

Quale sarebbe dunque la chiave della realizzazione? Ci è rimasto il simpatico baffuto con cappello-chapeau (a che fare con peu-poco o con eau-acqua?...)  

Di sicuro il baffo-moustache è un perentorio Taci!

Non si può sbagliare: è rivolto a noi perché guarda verso il basso…

     

    

©2005 Sante Asse

     


  su Indice