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![]() Come andarono le cose? Chi fu il loro re più famoso, quell'Attila "flagello di Dio" che costruì un impero capace di gareggiare con Roma e addirittura mettere in pericolo il dominio delle aquile? E, prima di tutto, come arrivò questo popolo nomade a toccare il centro della civiltà occidentale?
Già nell 139 d.C., il geografo Tolomeo,
scriveva di un popolo denominato "Chuni" (ΧοÛνοι
o Χουνοι)
situato tra i Bastarni e i Roxolani, nella zona pontica,
all'inizio del II secolo.In realtà, non esiste una totale
certezza che tale popolo corrispondesse agli Unni: è possibile
che la somiglianza tra i nomi "Chuni" (ΧοιÛοι) e "Hunnoi" (Ουννοι)
sia solo una coincidenza visto che i Romani d'oriente non
utilizzavano mai la "Χ gutturale" all'inizio dei nomi.
Certamente, però, nel V secolo, lo storico armeno Mosé di
Khorene, nella sua "Storia d'Armenia", posiziona gli "Hunni"
vicino ai Sarmati e descrive la loro cattura della città di
Balkh ("Kush" in armeno) come avvenuta tra i 194 e 214 (il che
spiegherebbe perché i Greci chiamarono quella città "Hunuk").
Al di là delle varie possibili teorie "protostoriche", comunque, è lecito affermare che gli ![]() Nel 376 d.C., comunque, alcuni gruppi Unni a nord del Danubio, si rivolsero ai loro vicini Romani, chiedendo di porsi sotto la loro protezione. Si trattava solo di una prima avanguardia, mentre una massa ben più minacciosa, che in quel momento aveva appena oltrepassato gli Urali devastando l'Armenia e penetrando in Siria, si stava avvicinando, una massa che, apparentemente materializzatasi dal nulla, avrebbe terrorizzato l'Impero come nessun altro popolo prima e avrebbe esteso il suo dominio dalle pianure ungheresi alla Gallia e all'Italia settentrionale. ![]() Verso il 430, Rua divenne re supremo della confederazione e decise di stringere un'alleanza con un "signore della guerra" gallo-romano, Ezio, che aveva vissuto come "ostaggio" presso gli Unni durante l'infanzia. Le motivazioni di Rua erano però ben diverse da quelle di assicurarsi un alleato potente: nel 434 iniziò, infatti, a pianificare una grande invasione dell'Impero d'Oriente ma, proprio quando stava per mettere in pratica il suo piano, morì colpito da un fulmine. Inizialmente i Romani si rallegrarono dell'evento, ma ben presto iniziarono a comprendere che l'invasione era solo rimandata. Alla morte di Rua, infatti, gli succedettero i suoi due nipoti: Attila e Bleda, che svilupparono una sorta di monarchia congiunta, con territori divisi in due parti distinte ma che, insieme, formavano comunque un impero unito (almeno per ora) [1].
![]() Con il confine meridionale garantito, Attila diede inizio ad una vasta campagna ad est, grazie alla quale soggiogò numerose tribù e tornò a casa come un trionfatore, ma quando si rese conto che i Romani non gli inviava alcun tributo promesso e, anzi, continuavano ad accogliere fuggiaschi dai suoi territori, s'infuriò terribilmente. Inoltre, il Vescovo romano di Margus aveva addirittura osato attraversare il Danubio e depredare le tombe reali unne dei tesori sepolcrali: la guerra era inevitabile e Attila e le sue truppe si riversarono come un fiume in piena nei territori dell'Impero Romano d'Oriente. L'esercito romano era troppo debole per riuscire ad organizzare una difesa e Attila poté organizzare una campagna vincente pressoché su tutta la linea, con numerose città, tra cui Margus, Singidunum (Belgrado), e Viminacium che vennero occupate, saccheggiate e distrutte. Dopo una breve tregua nel 441, la guerra riprese nel 443, quando ancora i Romani si rifiutarono di inviare tributi agli Unni. Attila, penetrato da sud-ovest, dopo aver saccheggiato città importanti come Sardica, Filippopoli e Arcadiopolis, raggiunse Costantinopoli e sconfisse l'esercito imperiale alla periferia della città. Tuttavia, le difese di Costantinopoli erano più forti del previsto e, invece che sprecare stupidamente le sue forze cercano di una breccia nelle mura urbane, Attila scelse di continuare il suo cammino di distruzione altrove, fino a quando l'imperatore romano Teodosio, dopo la vittoria unna a Chersoneso, che sbaragliò completamente l'esercito di Costantinopoli, fu costretto a cedere e dichiararsi tributario dell'Impero unno: secondo l'accordo di pace, i Romani dovettero immediatamente pagare 6.000 libbre d'oro, oltre a un tributo annuo di altre 2100 libbre e il rilascio immediato di tutti i fuggitivi e i prigionieri unni. Questa pace, infamante per i Romani, fu chiamata "pace di Anatolio" (dal nome del mediatore della trattativa) e venne firmata nell'autunno 443: Attila e i suoi Unni poterono, così, ritornare a nord del Danubio, vittoriosi e con una quantità enorme di bottino [2]. ![]() L'anno 447 vide un'altra campagna unna contro l'Impero Romano d'Oriente: Attila portò i suoi uomini a sud e devastò i Balcani, per volgersi poi a ovest, verso la Tracia, nella quale, secondo una cronaca gallica, distrusse non meno di 70 città, compresa la molto popolata Marcianopoli. Non abbiamo informazioni sull'effetto che questo attacco ebbe sull'Impero, tuttavia è evidente che poco dopo la guerra la disonorevolissima "Seconda Pace di Anatolio", che includeva un cospicuo aumento del tributo da versare agli Unni e l'evacuazione totale di Romani da un lembo di terra della sezione di territorio a sud del Danubio dovette essere accettata da Costantinopoli [4]. Ne seguì pace temporanea, ma, ben presto, le controversie tra Unni e Romani riemersero ancora una volta: nel 449 Attila spedì un'ambasciata a Costantinopoli per risolvere alcune questioni territoriali con i Romani ma, mentre era a Costantinopoli, il comandante unno Edeco venne avvicinato da alcuni membri della corte imperiale che gli offrirono grandi ricchezze e titoli se si fosse unito ad un complotto per assassinare Attila. Edeco acconsentì e chiese 50 libbre d'oro, che gli sarebbero dovute essere consegnate non alla prima visita degli ambasciatori romani da Attila ma in un incontro successivo, da un interprete chiamato Bigilas. ![]() Mentre erano in corso le guerre contro l'Impero Romano d'Oriente, gli Unni erano in ![]() Qualche tempo dopo, Attila ricevette un messaggio dalla sorella dell'imperatore d'occidente, Onoria, che gli chiedeva di prenderla in moglie: il re unno si rese immediatamente conto di quanto questa fosse una ghiotta opportunità e immediatamente inviò una richiesta in tal senso a Valentiniano, fratello di Onoria. Valentiniano riufiutò nettamente. Nello stesso periodo, la Confederanzone dei Franchi era scossa da una guerra civile tra due fratelli in lotta per la successione: uno dei fratelli inviò un appello d'aiuto ad Attila, mentre l'altro si rivolse a Ezio e ai Romani. Con Onoria "tenuta in ostaggio" dall'imperatore occidentale e la guerra civile dei Franchi, una invasione di Attila era giustificata e il re partì per la Gallia nel 451 [6]. ![]() Lo schieramento di Attila comprendeva i suoi guerrieri unni al centro e gli Ostrogoti e altre tribù germaniche ai fianchi. Sul fronte opposto vi era l'esercito Ezio, con i suoi "Romani" (in realtà i Romani erano pochissimi, essendo quasi tutti gli appartenenti alle legioni mercenari di altra etnia), al fianco sinistro, gli Alani al centro, e i Visigoti di Teodorico alla destra (come è facile notare, dunque, più che di una battaglia tra Romani e Unni si trattò di una sorta di conflitto internazionale). La battaglia entrò ben presto in una situazione di stallo, tanto che entrambe le parti rinunciarono ben presto ai loro assetti iniziali. L'evento decisivo ebbe luogo durante il secondo giorno di combattimenti, quando i Visigoti, scoperto che il loro re Teodorico era stato ucciso, si diedero ad una sorta di frenesia bellica quasi suicida che li portò a circondare il campo di Attila. Ormai, era chiaro che Ezio e i Visigoti avevano avuto il sopravvento, tuttavia, Ezio si rese conto che era saggio non distruggere gli Unni: farlo avrebbe significato l'ascesa al potere di altri "barbari", vale a dire i Visigoti, che aveva sempre odiato e, per questo, ordinò a tutte le sue truppe di cessare l'attacco e permise ad Attila di ritirarsi liberamente [7]. ![]() I Romani si affrettarono a cercare di stipulare una pace e inviarono un'ambasciata con i loro diplomatici più qualificati, tra cui Papa Leone, al campo di Attila. Nessuno è certo di come sia andato il negoziato, ma, di fatto, dopo l'incontro gli Unni si ritirarono dall'Italia: la vera ragione di ciò fu, probabilmente, un'epidemia scoppiata all'interno del campo unno, che impediva all'esercito di continuare a combattere, ma, a lungo, resistette l'idea di un intervento divino miracoloso attuato tramite il Papa [8]. Attila, dunque, ritornò nella pianura ungherese, ma il re unno non aveva certo perso il suo vigore: dal momento che l'Impero Romano d'Oriente aveva da tempo cessato di rendergli tributi, decise di annientare Costantinopoli una volta per tutte ma, poco prima dell'inizio delle ostilità, in occasione della sua prima notte di nozze con una ennesima moglie (la germanica Ildico), l'uomo che più di ogni altro era stato sul punto di far crollare entrambi gli Imperi Romani, morì per una grave epistassi. Si dice che i suoi guerrieri più nobili, entrati nella tenda del morto, estrassero i loro coltelli e si tagliassero tutti un dito, affermando che «la morte del più grande di tutti i guerrieri non deve essere pianta con lacrime di donne, ma con il sangue dei guerrieri» [9].
![]() ![]() L'effetto del passaggio unno in Europa occidentale non fu, in fin dei conti, maggiore di quello di qualunque invasione barbarica, con il trasferimento dei Goti verso ovest e la fondazione di Venezia da parte di coloro che erano fuggiti dalle truppe di Attila nel Nord Italia, ma senza nessun reale cambiamento nell'assetto socio-politico. Il fatto è che gli Unni giunsero in un momento di totale sbandamento di Roma e forse per questo vennero ricordati come i maggiori contributori del crollo dell'Impero d'Occidente (cosa che, in fondo, non furono: ben altre e più profonde erano le cause del disastro!) In Europa orientale, tuttavia, gli Unni ebbero un effetto diverso: in Paesi come l'Ungheria, Attila fu considerato un eroe e un simbolo di potere, coraggio e nobiltà, tanto che la dinastia ungherese Arpad arrivò persino a sostenere di discendere direttamente da lui [10]. Se Attila fu un barbaro crudele o un uomo di valore e di coraggio può risultare, comunque, ormai solo un discorso di punti di vista, ma, nell'immaginario popolare, comunque, forse più per la loro "esoticità" e per frutto della leggenda che si costruì intorno a loro che per un reale giudizio storico, gli Unni saranno sempre ricordati come "i feroci barbari" per eccellenza. NOTE:
(1) E. A.
Thompson,
The Huns, Wiley-Blackwell 1999, pp.
96 ss.
(2) N. Fields, C. Hook, The Hun: Scourge of God AD 375-565, Osprey Publishing 2006, pp. 63 ss. (3) J. Man, Attila: The Barbarian King Who Challenged Rome, St. Martin's Griffin 2009, pp. 91-97. (4) N. Fields, C. Hook, citato, pp .116 ss. (5) D. Nicolle, A. McBride, Attila The Hun , Osprey Publishing 2000, pp. 42-43. (6) C. Kelly, The End of Empire: Attila the Hun and the Fall of Rome, W. W. Norton & Company 2009, pp. 201 ss. (7) Ivi. (8) J. Man, Citato, pp. 293 ss. (9) D. Nicolle, A. McBride, citato , Osprey Publishing 2000, p. 63. (10) E. A. Thompson, Citato, pp. 314 ss. |
©2010 Lawrence M.F. Sudbury